Linda Aquaro

Spesso lasciamo agli artisti il compito di parlarci con le immagini, filtrate a loro volta dalle parole dei critici e dei curatori, e poche volte ci riserviamo di parlare con loro non solo tramite il frutto del loro lavoro e della loro ricerca.

Ecco perché nasce questo piccolo ciclo di interviste.

5 domande per capire modi e motivazioni,  per scalfire la superfice e entrare più in contatto con gli autori che già conoscete dalle loro opere!

Cominciamo con Linda Aquaro:

In che modo l’arte fa parte della tua vita?

L’arte per me è innanzitutto un processo intellettuale. Quello che è visibile è solo il risultato finale di un processo sempre aperto, di lettura e valutazione del mio intorno, della mia vita. È un’ “urgenza” sempre attiva, che si traduce in osservazione, analisi e ricerca e in ultimo nell’opera finale.

La figura dell’artista viene generalmente percepita come un qualcosa di “diverso” rispetto all’”uomo comune”. A volte relegandolo ai margini della società altre volte elevandolo a superstar. Secondo te perché la percezione dell’artista viene in qualche modo separata dagli altri “ruoli” professionali e sociali?

Perché si ha l’errata concezione che certe professioni siano “minori” semplicemente perché hanno a che fare con espressioni artistiche, e per pregiudizio queste sono associate alla sfera ludica delle attività umane. Quindi il presupposto totalmente errato è che non si può remunerare una professione legata alla sfera del “divertimento”. Per abbattere certi pregiudizi bisogna dare valore e forza alla cultura in ogni sua forma.

Una cosa che comunemente sentiamo dire agli artisti e alle artiste è che fare arte per loro è una necessità, che poi talvolta diventa una professione. Tu come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

L’arte ha sempre fatto parte della mia vita, e non è stata tanto una necessità quanto un “gesto” naturale.

Il mio percorso artistico è partito nel momento stesso in cui ho deciso di non intraprendere un percorso artistico convenzionale (l’accademia per intenderci). Per cui anni fa, ho scelto di non farne la mia prima professione, non volendola assoggettare a logiche economiche, tant’è che ho intrapreso la carriera di architetto pur portando avanti la mia ricerca artistica.

Questa scelta mi ha dato la libertà di studiare, approfondire, sperimentare. Oggi invece, che ho una maturità diversa, l’arte ha un peso significativo nella mia vita e richiede, per naturale conseguenza, di diventarne la principale protagonista.

L’arte è una delle molte forme di comunicazione che l’essere umano usa, ma che, più di altre, necessità di una spiccata capacità di ascolto da parte del fruitore. Cosa pensi delle modalità di fruizione dell’arte in questa epoca?

Penso che viviamo in un’epoca in cui l’immagine è necessariamente diventata uno dei principali strumenti di comunicazione, sfruttata a più livelli e con approcci fruitivi spesso rapidi e superficiali. Sicuramente i social e l’essere potenzialmente tutti dei creatori di contenuti, ha livellato e banalizzato, mi verrebbe da dire, la percezione che si ha dell’arte stessa. In questo senso penso che sia necessario salvarla da questo processo di divorazione mediatica, e per farlo secondo me, bisogna partire dall’educazione all’arte e dall’insegnamento all’osservazione. Imparare a leggere un’opera d’arte è l’unico modo per poterla raccontare e per non banalizzarla.

Ci puoi raccontare un momento significativo della tua vita in cui l’arte ha influito fortemente?

Beh, probabilmente quando mi sono “scontrata” con il mondo dell’incisione, in un momento della mia vita di forte cambiamento. Ho scelto di approfondire e di studiare le varie tecniche e questo ha comportato in seguito l’apertura dell’associazione che ho seguito per diversi anni: ho conosciuto tantissimi grandi incisori italiani, curato mostre e incontri di approfondimento, e questa è stata un’esperienza impagabile sia a livello umano che artistico.

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