Flavia Bucci

BIO

Sono nata nel 1990 ad Atessa, in provincia di Chieti. Nel 2017 ho conseguito a pieni voti il Diploma Accademico di II° Livello presso la Cattedra di Pittura di Gianni Dessì e Fabio Sciortino, nell’Accademia di Belle Arti di Carrara. L’attenzione verso determinate dinamiche sociali mi ha portata a sviluppare una ricerca tesa soprattutto alla comprensione del concetto universale di “tempo” che si dilata e comprime secondo ritmiche sempre differenti, in un parallelo continuo tra la mia sfera quotidiana e una sfera assoluta. Mi interessa usare diversi mezzi rappresentativi, frutto di una precisa scelta dettata dalle necessità concettuali di ogni singolo lavoro. Dal 2017 al 2019 ho lavorato come performer per la Compagnia Teatrale SemiCattivi. Nel 2019 Sono stata finalista del Premio Nocivelli, nel 2021 ho partecipato alla residenza Equidistanze a cura di Magazzeno Art Gallery. Ho frequentato il corso di specializzazione della Fondazione “Il Bisonte – per lo studio dell’arte grafica” e nell’estate 2022 ho partecipato alla residenza Da quassù, a cura di InHabitat/Galassia Mart. Vivo e lavoro a Carrara.

STATEMENT

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.

(W. Benjamin – Sul concetto di Storia) I miei studi si concentrano su un’analisi del Tempo come unità di misura dell’esistente. Mi interessa la lentezza, apprezzo i margini sfocati di ciò che non cede all’urgenza di una definizione sommaria e lacunosa. Credo che ci siamo troppo abituati, in questa società spesso frenata dalla paura, a voler definire tutto e subito affinché quell’apparenza priva di sbavature che ostentiamo sui mezzi digitali possa riproporsi identica anche nella vita analogica, quella “in presenza”.

Con la mia ricerca voglio provare a forzare questi meccanismi, ad abbracciare un indefinito che non deve spaventare ma che richiede uno sforzo di fiducia nei confronti di riflessione, lentezza, ritualità, approfondimento, comprensione e accettazione. Voglio, attraverso gesti ripetuti, dare vita a meccanismi che funzionano con una loro ritmica, che li rende vivi in quanto immagini di pensiero in continuo divenire. Vivo l’atto creativo come un rituale che mi permette di generare nuove connessioni perché credo che sia da questo che nasce il futuro, dalla possibilità di vedere qualcosa di diverso in ciò che già esiste sotto i nostri occhi da tanto tempo, qualcosa che ci costringa a spostare barriere, ad allargare i confini. Esamino i concetti di lentezza e scomodità come lotta all’approssimazione e alle omologanti pressioni sociali.

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